Storia dell’Abbazia Madonna del Monte di Cesena
Su questo colle un tempo
romito e boscoso, secondo il racconto di S. Pier Damiani (Vita Mauri, 1044
ca.-1072), il vescovo Mauro (903-955 ca.) soleva ritirarsi in preghiera. Alla
sua morte numerosi miracoli si susseguirono sul luogo della sepoltura, la
venerazione popolare crebbe e la piccola celletta da lui costruita venne via
via ampliata.
Dopo il 1000 fu edificata una
basilica a tre navate e, tra il 1001 e il 1026, venne infine fondato il
monastero benedettino. Arricchitosi notevolmente nel corso del ‘200, il
complesso accolse nel 1318 la statua della Madonna, proveniente dalla chiesetta
di Montereale: una devozione popolare che iniziò presto a manifestarsi con la
realizzazione di piccole tavolette votive per grazia ricevuta (ex-voto).
Profanata e fortificata da
Francesco degli Ordelaffi, l’abbazia rifiorì sotto i Malatesta e visse il suo
“secolo d’oro” nel ‘500, allorché, vero e proprio punto di riferimento della
cultura cesenate, accolse numerose personalità e ricevette la visita di diversi
pontefici. Tra 1536 e 1548 la chiesa venne ad assumere le forme attuali,
secondo un progetto di Domenico Garavini da Brisighella (forse su disegno
originario del Bramante). Centro della vita artistica della città, la basilica
del Monte vide anche all’opera i migliori pittori attivi nel Cesenate (Scipione
Sacco, Girolamo Longhi e Francesco Masini), nonché il giovanissimo Giuseppe
dalla Val di Scalve, che tra 1560 e 1562 realizzò lo splendido coro in noce;
importanti anche gli interventi di Francesco Morandi detto il Terribilia, cui
si devono la cupola (decorata dal Masini tra 1568 e 1571) e l’originale scalone
in pietra, e di Alessandro Corsi, autore del monumentale pozzo del chiostro
grande (1588). Una serie di eventi nefasti aprì la strada alla crisi del
complesso benedettino, che si protrasse per tutto il ‘700, aggravata dal
terribile terremoto del 1768, che distrusse la cupola della basilica
(ricostruita da Pietro Carlo Borboni, venne poi decorata da Giuseppe Milani
(1773-74)). Ma il peggio doveva ancora venire: abbandonata all’arrivo dei
Francesi nel 1797, l’abbazia fu posta in vendita (1812) e solo il
provvidenziale intervento di Pietro Maria Semprini, che la donò a Pio VII
Chiaramonti (1814), la salvò dalla rovina. In gioventù novizio all’abbazia, Pio
VII incoronò Madonna e Bambino (1/5/1814) e, all’atto del testamento, destinò
l’intero complesso ai monaci; solo nel 1888, però, dopo varie traversie, essi
poterono tornare definitivamente al Monte. Dopo la Seconda Guerra Mondiale,
durante la quale accolse numerosi sfollati e subì un devastante bombardamento,
l’abbazia vide tra l’altro l’apertura del Laboratorio per il Restauro del Libro
Antico. Meta di turisti e pellegrini, il complesso benedettino non ha perso il
suo ruolo propulsore per la cultura, segnalandosi per l’organizzazione di
concerti di musica classica.
Infine, grazie anche
all’alacrità e alla passione della “Società Amici del Monte”, l’Abbazia cerca
di guardare al futuro. Recentemente, infatti, sono stati creati due nuovi spazi
di grande interesse: un refettorio per comitive, dotato di 80 posti a sedere, e
una moderna sala-conferenze (Sala Pio VII) con 100 posti.
Apprestiamoci ora alla visita
di questo monumento di arte e religiosità. Posta sul colle Spaziano (135 m.),
l’Abbazia offre, prima ancora di conoscerla all’interno, lo spettacolo del
mirabile panorama che si gode dal piazzale antistante, verso le colline e la
pianura, fino al mare.
La facciata della basilica,
con segni della prima chiesa, è visibile solo dal “chiostro piccolo” (XV sec.),
con portico a colonnine e pozzale in ferro del XVII sec., sul quale si
affacciano Biblioteca, Laboratorio per il Restauro del Libro Antico ed
Erboristeria. Dei tre chiostri originari, rimane anche il cosiddetto “chiostro
grande” (XVI sec., poi rifatto nel XVIII
sec.), con pregevole pozzale di Alessandro Corsi (1588) (alcuni studiosi
ritengono che l’apparato per l’approvvigionamento dell’acqua piovana sia opera
di Leonardo).
L’ingresso, posto sul lato
destro, introduce ad un suggestivo interno, che colpisce per l’ampiezza degli
spazi, ma anche per il raccolto silenzio. La forma è ad unica ampia navata, con
cappelle laterali. In alto, corre il fregio di Girolamo Longhi con 14 scene
della Vita della Madonna (1559), venuto alla luce solamente nel 1914 e
miracolosamente preservato dal bombardamento del 1944; non così per l’affresco
della controfacciata, Mosè si toglie i calzari prima di salire l’Oreb
(Garavini, XVI sec.). Nella I cappella destra, pregevole Annunciazione (Bartolomeo
Coda, 1543) e Capo di S. Giovanni in tondo. Nella II, S. Mauro risana gli
infermi (Francesco Mancini, 1704) e Deposizione (Girolamo Marchesi, XVI sec.)
in tondo. La III cappella destra presenta l’opera pittorica di maggiore pregio
contenuta in basilica: si tratta de La presentazione di Gesù Bambino al tempio
e la purificazione della Vergine, opera del maestro bolognese Francesco
Raibolini detto il Francia, 1515); nella lunetta, Deposizione (Girolamo
Marchesi, XVI sec.).
Passando alle cappelle a sinistra,
la IV presenta varie reliquie, tra cui il corpo di S. Agapo. Nella III
cappella, Gloria dei SS. Benedetto e Scolastica (G. B. Barbiani (?), XVII
sec.). Segue la cappella con S. Lorenzo (scuola bolognese, XVII sec.); infine,
nella I cappella, S. Sebastiano (Vincenzo Ansaloni (?), XVII sec.).
Ripercorrendo l’ampia navata verso lo scalone (sul pavimento, simbolo dei
Benedettini di Congregazione Cassinese), ci si dirige verso la zona
presbiteriale (ai lati delle scale per la cripta, a destra Deposizione di
Cristo (Mastelletta, 1634), a sinistra Gesù con la samaritana (Marco Antonio
Franceschini, fine XVII sec.).
Salito lo scalone, eccoci di
fronte all’altare maggiore. Dietro, il mirabile coro in noce, capolavoro di
Giuseppe dalla Val di Scalve detto lo Scalvini (1560-62), e la Madonna Assunta,
statua in stucco e legno dipinti (XIII sec. circa) - il Bambino è aggiunta
posteriore; le corone sui due capi furono poste da Pio VII (1/5/1814).
L’intero apparato pittorico di
questa parte della basilica è opera (1773-74) di Giuseppe Milani: all’inizio
degli archi della cupola, Principali virtù cristiane; sui pennacchi, Quattro
Evangelisti; nel tamburo, otto Scene dall’Antico Testamento; nella cupola,
monumentale Assunzione della Vergine; nel catino dell’abside, Incoronazione
della Vergine Maria; del Milani, infine, anche mostra e contromostra
dell’organo (di Giovanni Tamburini (1914).
Alcuni dipinti della Cesena
antica introducono al deambulatorio dove è conservata parte della preziosissima
collezione di ex-voto, tra le più ricche e antiche d’Europa. È antichissima la
tradizione di dipingere o fare dipingere a mani più esperte, tavolette votive
per grazia ricevuta alla Madonna del Monte; una tradizione iniziata nel ‘400 e
che continua ancora oggi, tanto che il numero di ex-voto (704) è destinato ad
aumentare. Si tratta delle documentazioni grafiche di intercessioni della Beata
Vergine che incontrano la storia, non solo cittadina (un ex-voto raffigura, ad
esempio, un crollo nel vecchio Teatro cittadino avvenuto nel 1820, un altro la
scampata fucilazione di un uomo al termine della Seconda Guerra Mondiale)
oppure, molto più spesso, i piccoli drammi di vita famigliare, quasi sempre
rurale o marinara: si va così dalla malattia di un uomo del ‘400, ad una
disgrazia nei campi e a uno scampato naufragio del ‘500, fino ad un incidente
tra una “Vespa” e una macchina. Veri e propri sguardi su un passato più o meno
remoto: molte pagine della storia locale e di quella della basilica (una
tavoletta, ad esempio, mostra la sistemazione del presbiterio a metà ‘600) sono
state, infatti, scritte grazie alle immagini giunte a noi con questa splendida
collezione.
Continuando, sempre nel
deambulatorio, ammiriamo tre cappelle, con crocifisso del XIV sec. e statue in
terracotta di S. Giuseppe (primo ‘900) e S. Benedetto (Leopoldo Lucchi, 1987).
Un ampio vano, con esposti gli ex-voto più antichi (XV sec.) introduce alla
sacrestia (XIV sec.), con mobili del ‘700 e ciclo di affreschi di Giovanni
Cappelli (1946); alle pareti, S. Giovanni Evangelista (Lorenzo Veneziano?, 1370
ca.), Presentazione al tempio (Francesco Menzocchi, 1534) e La Sacra Famiglia e
Santi (Gaspare Sacchi, 1536). La cripta, cui si accede attraverso cancelli in
ferro battuto (opera novecentesca di fra’ Pio Nobilione), presenta, in un
ambiente austero e raccolto, un sarcofago romano del I sec. (antica sepoltura
di S. Mauro, oggi collocata presso la Cattedrale) e una croce in pietra del IX
sec. La sala capitolare (XVI sec.) presenta affreschi nelle lunette, tra cui
un’Assunzione ed Incoronazione della Beata Vergine (Girolamo Marchesi, XVII
sec.). Il refettorio (XX sec.), infine, con soffitto a cassettoni e dipinti con
scene del Nuovo Testamento.
Venendo ora ai suggestivi
ambienti della tradizione monastica, un primo accenno meritano la Biblioteca e
del Laboratorio per il Restauro del Libro Antico, dove i pochi monaci rimasti
in Abbazia portano avanti la tradizione di operosità conforme alla Regola
benedettina. In particolare, il Laboratorio svolge un lavoro fondamentale per
la conservazione del patrimonio librario. L’Erboristeria, poi, è un vero e
proprio punto di transito obbligato. Posta sotto il suggestivo porticato del
“chiostro piccolo”, offre ai visitatori la possibilità di soddisfare le più
svariate esigenze: il turista desideroso di approfondire la conoscenza della
basilica e del monastero, può acquistare guide e libri; chi, invece, preferisce
nutrire il proprio corpo, non ha altro che l’imbarazzo della scelta tra i
liquori della tradizione benedettina (utili per lenire numerosi fastidi), le
caramelle balsamiche, i diversi tipi di miele, gli infusi, i vini delle nostre
colline; infine, numerosissimi i ricordini, di ogni tipo e formato: tra questi,
particolare venerazione hanno le immaginette della Madonna del Monte.
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